Lezioni I semestre 2018

Lezione del 10 gennaio 2018. Princìpi di responsabilità forense.

Avvocati Paola Mai e Paolo Doria.

I relatori hanno illustrato con metodo casistico i princìpi deontologici relativi al dovere di diligenza, al divieto di conflitto di interessi e di accaparramento della clientela.

Dispensa di deontologia forense

Slide lezione di deontologia forense

 

Lezione del 17 gennaio 2018. Un caso pratico di diritto penale.

Avv. Prof. Enrico Ambrosetti.

Il relatore ha tracciato l’evoluzione del dato normativo sulla prescrizione per soffermarsi, in particolare, sulle modifiche apportate dalla riforma Orlando (L. 23/06/17, n. 103).

Tra i profili tradizionalmente più discussi vi è il carattere sostanziale o processuale delle norme sulla prescrizione, e le conseguenti ricadute in tema di irretroattività della legge penale, alla luce del principio di cui all’art. 25, 2° comma, Cost.

La questione è stata al centro della vicenda “Taricco“, che ha preso le mosse dal rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevato da un giudice del Tribunale di Cuneo. Egli aveva sostenuto che l’applicazione delle norme di cui agli artt. 160, 3° comma, e 161, 2° comma c.p., in tema di interruzione del termine prescrizionale, fosse potenzialmente lesiva degli interessi finanziari dell’Unione Europea. Da tale rinvio era scaturita la sentenza della C.G.U.E. dell’8/09/2015, la quale aveva imposto al giudice nazionale di disapplicare contra reos le predette norme, in palese contrasto con l’art. 25, 2° comma, Cost. Solo pochi giorni dopo, infatti, la Corte di Appello di Milano aveva sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 2 della l. 2 agosto 2008, n. 130 di ratifica del Trattato di Lisbona, nella parte in cui imponeva di applicare l’art. 325, parr. 1 e 2, T.F.U.E., nell’interpretazione data dalla sentenza dell’8/09/2015 ed in presenza delle circostanze indicate nella stessa, anche nel caso in cui dalla disapplicazione delle norme in tema di prescrizione discendessero effetti sfavorevoli per l’imputato. Deferita la questione alla Corte di Giustizia, quest’ultima, con un deciso revirement, era tornata sui suoi passi, stabilendo che la disapplicazione configurata dalla sentenza “Taricco” non potesse, comunque, comportare una violazione del principio di legalità.

Quanto alle novità introdotte dalla riforma Orlando, esse si possono così riassumere: il legislatore ha aumentato i termini prescrizionali per i reati contro la Pubblica Amministrazione; ha stabilito un nuovo regime della sospensione del termine all’art. 159 c.p.; ha introdotto tra gli atti interruttivi l’interrogatorio svolto dalla Polizia Giudiziaria su delega del Pubblico Ministero; infine, ha stabilito che, quanto ai delitti commessi nei confronti di un minore, il termine prescrizionale decorra dal compimento del 18° anno di età.

 

Lezione del 24 gennaio 2018. Profili di diritto penale fallimentare. 

Avv. Prof. Marco Grotto.

I reati fallimentari sono disciplinati dagli artt. 216 e ss. della L. F. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).

Il relatore ha, dapprima, precisato le fondamentali distinzioni da tenere presenti in tema di reati fallimentari.

Esse sono:

1) bancarotta semplice (artt. 217 e 224 L. F.) e bancarotta fraudolenta (artt. 216 e 223 L.F.). Si è, in particolare, rilevato che il legislatore stabilisce, per la sola condanna per bancarotta fraudolenta, la pena accessoria più severa consistente nell’inabilitazione dall’esercizio dell’impresa per un periodo, fissato, di 10 anni, a prescindere dalla sanzione concretamente irrogata;

2) bancarotta propria (artt. 216 e 217) e bancarotta impropria (artt. 223 e 224);

3) bancarotta patrimoniale (che attiene ad una riduzione del patrimonio posto a garanzia dei creditori, in ottica simile all’art. 2740 c.c.), bancarotta documentale (art. 216, 1° comma, n. 2 e art. 217, 2° comma) e bancarotta preferenziale (consistente nella condotta dell’imprenditore che soddisfa determinati crediti con preferenza rispetto ad altri, in spregio agli eventuali titoli di prelazione).

Condicio sine qua non dei reati fallimentari è la sentenza dichiarativa di fallimento. Ma quale relazione deve sussistere tra la condotta penalmente rilevante e il successivo fallimento?

Per quasi sessant’anni (a partire da Cass. Sez. U. 2/1958), la giurisprudenza ha escluso che fosse necessario alcun nesso di causalità tra la condotta distrattiva e il fallimento, essendo sufficiente l’intervenuta sentenza dichiarativa, la quale rientrava tra gli elementi integranti la fattispecie di reato.

Solo nel 2012, con la sentenza “Corvetta” (47502/2012), la Cassazione ha sostenuto la necessità di un nesso eziologico tra la condotta e il fallimento (che si configura, secondo questa impostazione, come evento del reato).

Dopo essere tornata sui suoi passi con alcune pronunce successive, la Suprema Corte ha recentemente affermato (Cass. 13910/2017) che il fallimento è una condizione obiettiva di punibilità (art. 44 c.p.): ciò consente di restringere l’area del penalmente rilevante a quelle condotte che, poste in essere in uno stato di insolvenza (o pre-insolvenza), abbiano concretamente posto in pericolo gli interessi della massa creditoria.

 

Lezione del 31 gennaio 2018. Un caso pratico di diritto penale.

Avv. Marco Antonio Dal Ben.

Il relatore ha illustrato, con metodo casistico, alcuni profili relativi ai reati contro la Pubblica Amministrazione e, in particolare, al reato di concussione (art. 317 c.p.), al reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater, introdotto con L. 90/2012), al reato di corruzione (propria e impropria, rispettivamente art. 319 e 318 c.p.).

Caso – Avv. Dal Ben

 

Lezione del 7 febbraio 2018. La Riforma Orlando delle impugnazioni.

Avv. Prof. Emanuele Fragasso.

Il relatore si è occupato delle più rilevanti novità introdotte nel codice di procedura penale dalla Riforma Orlando (L. 23/06/17, n. 103) in tema di impugnazioni.

E’ stato, in particolare, approfondito, il problema della c.d. “specificità estrinseca” dell’impugnazione, che attiene al collegamento funzionale tra la specificità dei motivi di impugnazione e la specificità delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata (su questo punto, Cass. pen. Sez. U. 27/10/2016, dep. 22/02/2017, n. 8825, c.d. sentenza “Galtelli“)

Rilevante, in tal senso, è la totale riscrittura degli artt. 546 e 581 c.p.p.: quest’ultimo oggi estende l’onere di specificità a tutti i requisiti ivi indicati (lettere dalla a alla d), a pena di inammissibilità dell’impugnazione.

 

Lezione del 14 febbraio 2018. Esercitazione pratica.

Avvocati Carlotta Zocca e Elisa Arena.

Le tutors hanno sottoposto agli allievi un caso pratico di diritto civile, oggetto: l’appello (art. 339 e ss. c.p.c.).

Il dibattito si è svolto principalmente sul tema dell’ammissibilità dell’appello (art. 342, 348 bis e 348 ter c.p.c. ) e sul divieto di proporre nuove domande o eccezioni, nonché di introdurre nuovi documenti (art. 345 c.p.c.), anche alla luce delle modifiche apportate dalla L. 134/2012.

Sull’appello come mezzo di impugnazione caratterizzato dall’effetto devolutivo e sulla specificità dei suoi motivi, è stata segnalata, in particolare, Cass. Sez. U. 27199/2017.

Esercitazione pratica. Avv.ti Zocca e Arena

 

Lezione del 21 febbraio 2018. Un caso pratico di diritto penale.

Avv. Gaetano Crisafi.

Il relatore ha preso le mosse dalla vicenda oggetto di Cass. pen. 53467/2017 per effettuare alcune riflessioni sul reato di peculato e, più in generale, sui passaggi-chiave del relativo processo penale.

Il peculato (art. 314 c.p.) è un reato proprio non esclusivo: proprio perché per essere integrato chi lo commette deve essere dotato di una particolare qualità soggettiva (quello di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio); non esclusivo perché conosce un corrispondente tra i reati comuni (il reato di appropriazione indebita).

L’attenzione del relatore si è poi spostata sui più importanti snodi del relativo procedimento penale.

Sono state, in particolar modo, approfondite le possibili alternative al dibattimento, che possono essere scelte unicamente fino all’udienza preliminare: presi in considerazione, nelle loro differenti ricadute, il rito abbreviato (art. 438 e ss. c.p.p.) e il patteggiamento (art. 444 e ss. c.p.p.).

Cass. pen. 53467/2017-Avv. Crisafi

 

Lezione del 28 febbraio 2018. La deontologia forense.

Avv. Lucio Zarantonello

Cos’è la deontologia forense?

E’ l’insieme delle regole di comportamento che l’avvocato è tenuto a seguire nei confronti del cliente, dei suoi colleghi, della magistratura e delle istituzioni forensi.

La deontologia forense ha conosciuto la prima codificazione solo alla fine degli anni ’90: il 17 aprile 1997, infatti, il Consiglio Nazionale Forense ha approvato il primo codice deontologico, facendo tesoro e identificando le regole di comportamento che, nel tempo, la giurisprudenza disciplinare, il Consiglio Nazionale Forense stesso e la giurisprudenza della Corte di Cassazione avevano elaborato.

L’art. 60 di quel codice ne caratterizzava l’intero impianto: esso sanciva il principio di atipicità dell’illecito, in virtù del quale le fattispecie tipizzate andavano considerate alla stregua di semplici esemplificazioni dei possibili illeciti disciplinari.

Ne sorsero molteplici questioni di legittimità costituzionale per contrasto con il principio di legalità; sul punto la Corte di Cassazione ebbe a precisare che la predeterminazione del precetto è affidata a “concetti diffusi e generalmente condivisi dalla collettività in cui il giudice disciplinare opera” (si veda, a proposito, Cass. civ., Sez. un., 3/5/2005, n. 9097).

A caratterizzare ulteriormente il codice vi era la mancata predeterminazione delle sanzioni irrogabili caso per caso: la loro graduazione era dunque affidata alla discrezionalità del Consiglio dell’Ordine, titolare del potere disciplinare.

E’ anche nell’ottica di porre rimedio alle frequenti situazioni di disparità di trattamento che è entrato in vigore il nuovo codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 31 gennaio 2014.

Il codice consta di 7 titoli (I: Principi generali; II: Rapporti con il cliente e con la parte assistita; III: Rapporti con i colleghi; IV: Doveri dell’avvocato nel processo; V: Rapporti con terzi e controparti; VI: Rapporti con le istituzioni forensi; VII: Disposizione di chiusura).

Ogni precetto contempla espressamente la sanzione cui il professionista andrà in contro nel caso in cui lo vìoli, fermo restando quanto stabilito dall’art. 21 in tema di adeguatezza e proporzione (e dunque di graduazione) della sanzione concretamente irrogata.

Le sanzioni astrattamente applicabili sono 4: l’avvertimento, la censura, la sospensione (da 2 mesi a 5 anni), la radiazione.

Vi è, infine, quella che il relatore ha definito una non-sanzione, corrispondente al richiamo scritto.

Passando, infine, alle più rilevanti novità in tema di condotte disciplinarmente rilevanti, l’attenzione del relatore si è soffermata sull’art. 24 del nuovo codice in tema di conflitto di interessi (corrispondente al vecchio art. 37) che, al 3° commacodifica, per la prima volta, il conflitto potenziale di interessi e sull’art. 35 (corrispondente all’art 17 bis del vecchio codice), che è del tutto innovativo quanto ai commi 4°, 5° e 6°.

 

Lezione del 7 marzo 2018. Un caso di diritto civile.

Avv. Luca Siviero

Caso di diritto civile – Avv. Siviero

Varie sono le questioni poste dal caso indicato.

1) È appellabile la sentenza con cui il Tribunale abbia dichiarato lo scioglimento del matrimonio sulla base delle conclusioni conformi dei due coniugi? E, quindi, nel caso di specie, la sentenza di divorzio è passata in giudicato?

2) Caia è comproprietaria dell’immobile?

3) Il contratto di locazione stipulato da Cornelia è opponibile a Caia?

4) Qual è la posizione dei conduttori, attuali detentori dell’immobile?

 

1) La risposta alla prima domanda è affermativa: si tratta dell’unico caso in cui la giurisprudenza ammette l’impugnazione della sentenza che abbia avuto, per chi appella, un esito positivo, perché conforme alle proprie conclusioni. Si tratta, infatti, di un appello sui generis, perché proposto al fine di ottenere una pronuncia di cessazione della materia del contendere, visto l’art. 149 cod. civ. Nel caso di specie, v’è da chiedersi se sia ammissibile convenire in giudizio l’erede del de cuius, trattandosi di uno status, quello di coniuge, che non si trasmette al momento della morte. Anche in questo caso la giurisprudenza si è espressa positivamente (Cass. 17/7/2009, n. 16801). Non può, dunque, dirsi che la sentenza di divorzio sia passata in giudicato e che Caia abbia perduto, di conseguenza, i diritti successori.

2) La risposta dipende dal significato che si attribuisca all’affermazione contenuta nel testamento di Tizio: “Se alla mia morte Caia sarà ancora mia moglie le lascio quanto spettante ex lege a titolo di legittima e nulla più”. Tre, infatti, sono le possibili letture: 1. Caia è stata istituita erede sotto condizione sospensiva (ex art. 633 cod. civ.); 2. Caia è legataria in sostituzione di legittima (ex art. 551 cod. civ.); 3. Caia è una legittimaria pretermessa.

Solo nei primi due casi Caia è erede, e dunque partecipa pro quota della proprietà dell’immobile.

Nel terzo caso, infatti, solo dopo aver vittoriosamente esperito l’azione di reintegrazione nella quota di legittima, e quindi con il passaggio in giudicato della relativa sentenza, Caia potrà considerarsi erede. Su questo punto la giurisprudenza è uniforme.

3) Per l’amministrazione dei beni facenti parte della comunione ereditaria valgono le norme previste agli artt. 1100 e ss. cod. civ. La stipulazione di un contratto di locazione rientra nell’ordinaria amministrazione (1105, 2° comma, cod. civ.) giacché può considerarsi normale utilizzare l’immobile mettendolo a reddito. Per questo motivo, Cornelia avrebbe dovuto convocare l’assemblea dei partecipanti alla comunione e mettere a votazione la relativa decisione. È ovvio che, possedendo Cornelia i 2/3 della proprietà, avrebbe potuto imporsi su Caia in sede di deliberazione. Cornelia non ha, di fatto, “seguito le regole”. Nonostante questo, però, il contratto di locazione è efficace. Questo perché, secondo quanto affermato, ex multis, da Cass. 10996/2011, “con riferimento a locazione concernente immobile oggetto di comunione, l’eventuale pluralità di locatori integra una parte unica” … “concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno operi con il consenso degli altri”.  Va quindi tutelato il legittimo affidamento generato nei conduttori sulla circostanza che chi abbia stipulato il contratto di locazione lo abbia fatto avendone il potere.

4) I conduttori, dunque, potranno continuare ad abitare l’immobile. Quanto ai canoni, potrebbe risultare molto scomodo per Caia ottenere da Cornelia, ogni mese, il corrispettivo a lei spettante (1/3 del canone, appunto). Per questo, seguendo il ragionamento della Suprema Corte che inquadra nell’ambito della gestione di affari (art. 2028 cod. civ. e ss.) il contegno del comproprietario che dà il locazione l’immobile comune, si può affermare che, in virtù del richiamo operato all’art. 2032 cod. civ. alle norme sul mandato (1703 cod. civ. e ss.), il comproprietario non locatore (nel nostro caso, Caia) possa esigere dal conduttore la quota dei canoni corrispondente alla rispettiva quota di proprietà indivisa (Cass. 4/7/2012, n. 11135).

Caso di diritto civile – Avv. Siviero

 

Lezione del 14 marzo 2018. Un caso di diritto civile.

Avv. Diego Novello

Caso di diritto civile – Avv. Novello

Il relatore ha trattato, con metodo casistico, l’istituto della rappresentazione ( art. 467 c.c.) e del legato di cosa non esistente nell’asse (art. 654 c.c.)

Tizietta, ritenendo di succedere per rappresentazione al proprio padre Tizio, che ha prestato acquiescenza al testamento, agisce in giudizio in riduzione impugnando le ultime volontà della nonna Sempronia per lesione di legittima.

Tizietta è legittimata ad agire in riduzione? Ella è effettivamente succeduta per rappresentazione al padre?

La rappresentazione (art. 467 c.c.) fa subentrare i discendenti alla persona che non possa (perché premorta, perché indegna o perché decaduta dal diritto di accettare) o non voglia (perchè non accetta l’eredità o vi rinuncia) accettare l’eredità o il legato.

Quel che rileva, dunque, è che vi sia una chiamata all’eredità. Nel caso di specie, al contrario, Tizio e Caia, figli della signora Sempronia, sono stati esplicitamente esclusi perché “già ampiamente beneficiati in vita”.

Manca, dunque, il presupposto affinchè Tizietta possa succedere al padre secondo le norme sulla rappresentazione.

Dalla traccia emerge, inoltre, che la somma assegnata a Tizietta (€ 150.000) non sia disponibile nell’asse: “inoltre venivano rinvenute, sui vari conti correnti intestati alla de cuius, somme per complessivi € 50.000”.

Tutto lascia intendere che la disposizione sia qualificabile come legato: “nomino eredi residuali”.

Viene in rilievo, in questo caso, la norma dell’art. 654 c.c., 2° comma, che in tema di legato di cosa non disponibile nell’asse, stabilisce che “se la cosa si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte, ma non nella quantità determinata, il legato ha effetto per la quantità che vi si trova”. Le somme complessivamente rinvenute andranno quindi assegnate senz’altro a Tizietta.

 

Lezione del 21 marzo 2018. La responsabilità medica.

Avv. Maria Gabriella Di Pentima.

La relatrice ha preso in esame alcuni aspetti che si sono rivelati critici nell’applicazione della Legge Gelli (L. 8/3/2017, n. 24), entrata in vigore un anno fa.

  • Il primo attiene all’esimente prevista dall’art.6 della legge nel caso di colpa per imperizia. Ebbene, la norma è stata oggetto di due importanti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 20/4/17, n. 28187 e Cass. 19/10/17, n. 50078), che ha infine, chiuso il cerchio con la recente sentenza a Sezioni Unite del dicembre 2017 (Cass. 21/12/17, n. 8770).
  • Il secondo attiene alla condizione di procedibilità della domanda di risarcimento prevista all’art. 8. La mediazione (D. L.vo n. 28/2010) è attualmente alternativa alla proposizione del ricorso per l’accertamento tecnico preventivo (art. 696 bis c.p.c.). La relatrice non ha mancato di esprimere alcune riserve sull’istituto della mediazione nell’ambito della responsabilità medica: per il suo buon esito, infatti, la mediazione richiede non solo una notevole preparazione del mediatore, ma soprattutto una corretta disposizione delle parti alla soluzione della controversia. L’esperienza, inoltre, insegna che la relativa attività è economicamente impegnativa per le parti e che l’intervento delle assicurazioni rende più complessa la soluzione amichevole della controversia.
  • Di ardua soluzione è, infine, il problema connesso alla differente qualificazione che l’art. 7 assegna al rapporto tra il paziente e l’esercente la professione sanitaria: di regola extracontruattuale, salvo che (il medico) “abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente“. Nel secondo caso, pertanto, il professionista risponderà ex art. 1218 c.c. Quali criteri è necessario seguire per distinguere l’una situazione dell’altra? Si pensi, per fare un esempio, alle operazioni chirurgiche eseguite da un’equipe: qual è o quali sono i medici che adempiono ad un’obbligazione e quali no?

 

Lezione del 4 aprile 2018. I trasferimenti immobiliari.

Notaio Avv. Giorgia Visotti.

L’incontro nasce dalle sempre più frequenti interazioni tra la professione forense e quella notarile.

Le osservazioni della relatrice si sono concentrate sui trasferimenti a titolo oneroso.

Il Notaio ha posto l’attenzione sulle formalità relative all’identificazione catastale introdotte, a pena di nullità, dal D.L. n. 78/2010.

Tra esse vi è la dichiarazione, resa dall’intestatario, della conformità tra la planimetria grafica e lo stato di fatto degli immobili. La norma è squisitamente fiscale e mira a fare emergere dalle risultanze catastali le rendite effettive, adeguate allo stato di fatto degli immobili.

Quanto alla conformità urbanistica dell’immobile compravenduto, regole diverse si applicano ai trasferimenti aventi ad oggetto un terreno e a quelli aventi ad oggetto un fabbricato.

Al primo, infatti, è necessario allegare il certificato di destinazione urbanistica (CDU), che ha validità annuale; si tenga presente, infatti, che la cessione di un terreno agricolo comporta un’imposta di registro pari al 15%, mentre la cessione di un terreno edificabile sconta l’imposta del 9%. Il CDU non è richiesto per i terreni di pertinenza inferiori ai 5000 mq.

Nell’atto di cessione di fabbricati vanno inseriti gli estremi del titolo abilitativo (la concessione edilizia o il permesso di costruire). Fanno eccezione unicamente i fabbricati costruiti entro il 1°/9/1967 e lo stesso vale per le opere edilizie eseguite sino a tale data.

La relatrice ha infine illustrato i requisiti previsti dalla legge per acquistare un immobile con le agevolazioni fiscali per la prima casa (D.P.R. 131/1986). Essi possono essere così riassunti: 1) l’acquirente non deve essere titolare di altro immobile nello stesso comune; 2) l’acquirente non deve essere titolare di altro immobile nel territorio nazionale acquistato usufruendo delle agevolazioni fiscali. Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono riconosciuti anche a chi sia già titolare di un immobile acquistato con le agevolazioni fiscali, a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno; 3) l’acquirente deve essere residente nello stesso comune, o deve provvedere a spostarvi la residenza entro 18 mesi.

Si tenga presente che chi acquista usufruendo delle agevolazioni fiscali (perciò beneficiando della riduzione dell’imposta di registro, che passa dal 9% al 2%) non può rivendere o donare l’immobile nei successivi 5 anni, pena la perdita del beneficio e il conseguente obbligo di pagare quanto prima “risparmiatoˮ oltre, naturalmente, alle sanzioni previste.

 

Lezione dell’11 aprile 2018. Unitarietà e centralità del contratto d’opera nel panorama dei contratti di servizi.

Avv. Prof. Mauro Tescaro.

Il relatore ha illustrato, anche da un punto di vista storico-comparatistico, le origini e le potenzialità del contratto d’opera come modello italiano tra i contratti di servizi.

Dispensa della lezione

Tescaro I Contratti n. 10-16

L. n. 81-2017

Equo compenso – spiegazione sintetica

Equo compenso – normativa

Cass. n. 22786/2013

 

 

 

Lezione del 18 aprile 2018. Informatica giuridica e processo telematico.

Avv. Franco Zumerle.

Il relatore ha illustrato le principali caratteristiche del documento informatico e della firma digitale alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 20 e 21 del Codice dell’Amministrazione Digitale, c.d. CAD, D. lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

L’avvocato ha inoltre chiarito le modalità attraverso le quali effettuare e, soprattutto, documentare una notifica telematica ai sensi della L. 53/1994; si veda, a questo proposito, la recentissima Cass. 21/3/2018, n. 7079.

Accennate, infine, le origini della tecnologia Blockchain e le sue possibili implicazioni nel mondo giuridico.

 

Lezione del 2 maggio 2018. L’argomentazione forense.

Avv. Prof. Paolo Moro.

La retorica come metodo espositivo nella scrittura giuridica.

Il metodo retorico di composizione del testo argomentato, sia esso il parere motivato o l’atto giudiziario, si articola essenzialmente in quattro attività: 1) Lo studio del caso, che si traduce nell’enucleazione del problema controverso e nella conseguente scelta del rimedio più adatto; 2) la topica, come selezione e ricerca degli argomenti da utilizzare nella composizione del testo argomentato; 3) l’ applicazione di uno schema logico di esposizione degli argomenti (esordio, esposizione, argomentazione, conclusioni); 4) L’utilizzo di uno stile incisivo e dunque persuasivo.

Nella seconda parte della lezione il prof. Moro ha proposto l’applicazione dei criteri appena enunciati allo svolgimento dell’atto giudiziario proposto.

Si sono poste, così, alcune questioni.

In primo luogo, ci si è chiesti in virtù di quale norma il convenuto Tizio sia stato destinatario di un atto di citazione di quel tenore.

Sul punto interviene l’art. 38 c.c. in tema di associazioni non riconosciute: delle obbligazioni dell’associazione rispondono solidalmente e personalmente anche le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione stessa.

Ne consegue che nella redazione della comparsa di costituzione e risposta il difensore di Tizio dovrà valutare la possibilità di chiamare in causa l’associazione ex art. 106 e 269 c.p.c.

Quali argomenti a difesa di Tizio?

Secondo consolidata giurisprudenza, la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione ha carattere accessorio rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, ed è inquadrabile tra quelle di garanzia ex lege, assimilabile alla fideiussione.

Devono applicarsi, dunque, le norme del predetto istituto.

In applicazione dell’art. 1957 c.c., tenuto conto che l’obbligazione principale aveva scadenza nel settembre del 2016 e che l’iniziativa processuale della Epsilon è del luglio 2017, la difesa principale consisterà nell’eccezione di estinzione della fideiussione.

Andrà preliminarmente contestato anche il mancato esperimento della negoziazione assistita.

Atto giudiziario in materia di diritto civile. Avv. Prof. Moro

 

Lezione del 9 maggio 2018. Simulazione del colloquio con il cliente in un caso di separazione personale.

Avv. Paolo Doria

Il relatore ha illustrato, con metodo casistico, le fondamentali nozioni in tema di separazione personale e le tecniche di conduzione del colloquio con il cliente.

caso-famiglia.Caio.scuola.forense

caso-famiglia.Tizia.scuola.forense

Dispensa sul colloquio con il cliente

 

 

Lezione del 16 maggio 2018. Un caso pratico di diritto civile.

Avv. Prof. Giangiorgio Casarotto

Il relatore ha illustrato l’istituto degli accordi derogatori in materia di diritto agrario, così come novellato dall’art. 45 della L. 3 maggio 1982, n. 203.

L’art. 45 della legge n. 203 del 1982 – in Riv. dir. agr. – Dispensa della lezione

Caso Pratico

Cass. 15370/2017

 

Lezione del 23 maggio 2018. 

Avv. Francesco Miraglia – La difesa nel processo amministrativo

Il processo amministrativo presenta notevoli peculiarità se guardato dal punto di vista dell’avvocato civilista o penalista.

Esso non è un processo tra uguali: in esso si verifica che il potere pubblico sia stato esercitato in conformità alla legge.

Il cliente dell’avvocato amministrativista è un privato cittadino o una pubblica amministrazione: essa, spesso, consiste in un’organizzazione molto complessa all’interno della quale può essere difficile ricostruire e documentare i passaggi che hanno portato all’adozione del provvedimento contestato.

Il processo amministrativo non conosce metodi alternativi di risoluzione della controversia: sono molto rari, infatti, i casi in cui la pubblica amministrazione agisce secondo le forme dell’autotutela.

Il panorama normativo sul processo amministrativo è oggi estremamente semplificato rispetto al passato grazie all’intervento della L. 241/1990 e del Codice del processo amministrativo, D. Lgs. 104/2010.

Avv. Prof. Nicola Madìa – Profili di diritto penale internazionale

Tripodi – Ne bis in idem e reati tributari

Giurisprudenza Costituzionale – Tripodi

Saggio ne bis in idem DPC

Ne bis in idem sostanziale e processuale

 

 

Lezione del 30 maggio 2018 – Verifica finale e compilazione del questionario di gradimento.

Si pubblica la verifica completa delle risposte.

Verifica del 30.05.18 con risposte

Si pubblica il programma del secondo semestre 2018.

Programma II semestre 2018